Noi siamo i Borg. Sarete assimilati. Ogni resistenza è futile.

24 December 2012

Che c'importa di campar cent'anni?

Di Marco Sclarandis


Stregoni sciagurati
Sciamani dei laboratori
Profeti dell’inevitabile

Che c’importa di campar cent’anni
Anzi ben oltre ormai
Iniziando da studenti di nozioni
Quindi a proseguire inerzialmente
Da utenti rassegnati
E finalmente da pensionati abulici
Frequentatori di  rissose code
Concludere la cavalcata

Ed anche se fosse poi
Da gaudentispensierati
Da magnati tronfi vivere 
Terminando quindi i giochi
Privi d’una rivelazione
E ambire infine 
Di comparire in un ovale
Sbiadente 
su d’una lapide
Languido ricordo in posteri
Incuranti dei graniti e bronzi
Noi resteremmo apatici
Udendo le lusinghe vostre

Le vostre arti atte
A prolungare i rantoli
Celare le canizie
E le pelurie rinfoltire

Inturgidire arti ed organi
Non ci attirano a sufficienza
Vorremmo più modestamente
Tramutare invece fiele
In nettari e rosolii
Peci catrami in mieli
Senz’obbligo si badi
A rivenderli alle aste sigillati
In fiale a caro prezzo

Piuttosto e sfortunatamente
Invece ci sorprenderebbe
Il sapere il come 
Quietare gli esagitati
Senza relegarli in gabbie
Fatte di pillole o di reti oppure
D’estrazioni periodiche casuali
Magari appena regalandogli
Sorrisi non preordinati

Ci piacerebbe inoltre
Non illuminando schermi
O affiggendo enormi manifesti 
Né scherzi da preti ordendo
Ma inscenando da copione
Indurre le matrone cotonate 
Aiutate dai lor consorti bolsi
E relativi  svagati discendenti
Tutti beninteso equipaggiati
Di demolitori e aratri

A dissodare asfalti
Sbriciolare plinti travi
Solette piazzali capannoni
Ivi installarci al posto 

Pergolati orti giardini e siepi
Quest’ultimi di trulli dacie baite

Nuraghi capanne tende
Allegramente disseminati

Contemporaneamente disponibili
Dietro simbolici compensi
Ai dormienti nei cartoni
Ai bisunti sventurati
Cercanti civile domiciliazione
Proprio dalle nostre parti
Godremmo nel vedere i bimbi
Riprendere a scorreggiare
Al tavolo nei ristoranti
Le caccole riappiccicare
Sotto di bordi e spigoli
E carpire quale effetto
Su di loro sortisce il vero
Inveterato trasgredire

Vi domandiamo o gran maestri
Sul serio e in via definitiva

Se si possa fornicare
E non commettere peccato
Sebbene lo s’intuisca
Si tratti d’ardua disciplina
Più che l’apprendimento
Dell’algebra differenziale

Vorremmo se non è troppo
Poter gridare merda
Andatevene a cagare
Consci di quanto sia solenne
Talvolta una frusta imprecazione

Il crimine contemplare quindi
Quantunque poi astenervisi
Tuttavia non apparendo fessi

Siamo sfrontati l’ammettiamo
Sordidi ed infingardi

Ingrati ottusi inadeguati
Verso di voi demiurghi
Del fulgido e sontuoso

Imminente venturo impero
Siamo sospettosi pure 
In un modo quasi osceno

Noi dai vostri simposi annuali 
Dagli eterei calcoli aziendali 
Dalle sterilissime provette
Biogenetiche nanomolecolari
Dai sulfamidici azionari
Dalle acrobazie disinformatiche
Dalle catastrofi militari

Scatenate a fin di bene
Da tutti gli incantesimi
Cui siete eccelsi maghi

Crediamo fermamente
Sguscieranno certamente dei prodigi

Affiancati da servigi irrinunciabili 
Che i residui indugi spazzeranno

Di nuove scuole addirittura 
Sarà un dilagante istituire
Poltrone lise saranno riciclate
In cattedre stipendiate permanenti
Per stroncare l’ignoranza
Acquattata in cervici riluttanti

Peccato che noi gente
D’antiche e comuni specie
Divoratori di cavoli e patate
Dall’animo refrattario
Alle sirene del reclame
Non ce la sentiamo
Con voi di collaborare
Rischiando naturalmente
D’anticiparci l’incombente dipartita 
 
Ci dispiace sinceramente
Neanche noi la conosciamo
L’autentica ragione
Che ci rende così ostinati
Nell’invocar miracoli

Rasentanti la resurrezione
Vi preghiamo rassegnatevi 
Voi perpsicaci condottieri
Insieme inchiniamoci al mistero

Anzi umilmente v’invitiamo
Da noi c’è un palco sempre aperto
Ed una platea pronta
Ad applausi calorosi
Esuberante d’ovazioni
Di repliche e di bis ingorda 


Attendente istrioni drammaturghi
Attori politicanti cicisbei
Gli ambulanti seduttori
I suadenti imbonitori 
I funamboli ammalianti

Comici di cimici domatori
E capitassero cantori roboanti
Robot capenti le farneticazioni
D’alianti i piloti pazzi
Insomma d’ogni risma
I prestigiatori
Sarebbero accolti volentieri

Basta che siano bravi.

(le Muse amano scherzare, anni fa lo capii definitivamente)

1 comment:

  1. Bravo Marco, e grazie per questo tuo "regalino di Natale" ; Ed eccoti qui anche un mio piccolo commento-regalo "Natalizio". Sto passando la mia giornata di Natale leggendo il libro di Noam Chomsky, "Making the Future" il quale comprai circa un'anno fa' ma come tanti alti libri che ho comprato e'poi rimasto sulla mia "lista d'attesa" per un eventuale lettura per piu' di un anno, .. dato che anche quando si e' in pensione il tempo puo' facilmente mancare. (e non so se il libro sia stato tradotto anche in italiano, ma mi immagino di si')

    Mi e' sembrato (se ho capito bene almeno un solo aspetto della tua opera qui sopra la quale contiene molte idee e molti messaggi) che ad un certo punto tu ponga una domanda (1) e poi ad un altro punto dopo offri una risposta. (2) (benche' tu dica anche tantissime altre cose)

    Cioe':

    (1) Piuttosto e sfortunatamente
    Invece ci sorprenderebbe
    Il sapere il come
    Quietare gli esagitati
    Senza relegarli in gabbie
    Fatte di pillole o di reti oppure
    D’estrazioni periodiche casuali

    e (2).... Vorremmo se non è troppo
    Poter gridare merda
    Andatevene a cagare
    Consci di quanto sia solenne
    Talvolta una frusta imprecazione

    E questo e' quel che dice Chomsky -piu' o meno a proposito- scritto anche nella copertina del suo libro che adesso sto' leggendo:

    "Progressive legislation and social welfare have been won by popular struggles, not gifts from above. These struggles follow a cycle of success and setback. They must be waged every day, not just once every four years, (negli USA), always with the goal of creating a genuinely responsible democratic society, from the voting booth to the workplace".

    E quindi secondo me Chomsky dice che la lotta non puo' essere altro che continua. (e che si ispiri a Lotta Continua o a tanti altri modi di lottare come l'attuale Occupy Movement) Al "traguardo" non ci si arriva mai, o ci si arriva solo per un po' se non si continua poi la lotta.

    Ma la lotta politica e sociale e' anche un ottimo metodo per combattare anche la propria alenazione e lo spesso abbastanza probabile e facile proprio rimbecillimento (dovuto ai media, pubblicita' ed ecc. ecc.) ed a non solo subire.

    E si puo' combattere in tanti modi anche "leggeri". Ad esempio, io oggi invece di ricevere o dare dei regali (per lo piu completamente inutili) per "festeggiare Natale" sto leggendo il libro di Noam Chomsky. (ma poi stasera andro anche a casa di amici per una cena natalizia)

    Ma questo non vuole certamente dire che io ritenga che altri dovrebbero fare la stessa cosa od altre simili. Il Natale non e' solo un fenomeno religioso ma anche culturale e con una sua lunga tradizione, ed anche un momento per starsene un po insieme. E quindi direi "che per il momento" va "abbastanza" bene. Ma secondo me si potrebbe anche sperare che un giorno si potra' magari anche celebrare qualche altra "nuova tradizione". E quella tradizione, se mai esistera', la dobbiamo creare noi.

    Buon Natale !


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