Usa/ Russia, La corsa ai superdroni
MOSCA - Il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di
sfidare la supremazia tecnologica americana nel campo
degli aerei da guerra teleguidati, stanziando un
investimento pluriennale da 10 miliardi di euro per
dotarsi entro il 2020 di una flotta di droni
cacciabombardieri 'made in Russia' in grado di competere
con quelli statunitensi di ultima generazione.
Buona parte dei fondi del Cremlino sono destinati ad
aggiornare il progetto del Mig Skat ('manta' in russo):
il superdrone stealth che la Mikoyan sta sviluppando
insieme alla Sukhoi per competere con gli americani
Phantom Ray, X-47B e Rq-170 Sentinel (rispettivamente
della Boeing, della Northrop Grumman e della Lockheed
Martin), con il britannico Taranis (Bae Systems) e con
l'europeo Neuron (Dassault-Saab-Eab-Ruag-Eads-Alenia).
Non stiamo parlando dei vecchi droni tipo Predator o
Reaper: alianti a elica che portano qualche missile
sotto le lunghe ed esili ali, buoni solo per missioni di
un certo tipo. I superdroni stealth di cui le
superpotenze militari mondiali si vogliono dotare sono
sofisticati velivoli dall'aspetto fantascientifico in
grado di sostituire in tutto e per tutto i più avanzati
cacciabombardieri stealth intercontinentali con pilota:
sia come prestazioni che come carico distruttivo.
Pure la Cina starebbe lavorando a prototipi di questo genere, anche grazie – almeno così sospettano al Pentagono – alla tecnologia Usa acquisita studiando il rottame dell'Rq-170 Sentinel americano abbattuto in Iran alla fine 2011, e che gli ayatollah avrebbero gentilmente prestato agli ingegneri militari di Pechino. Il super-drone cui Pechino sta lavorando in gran segreto si chiamerebbe Feng Ren.
E se si muove il dragone, la tigre non sta a guardare. Il drone cacciabombardiere stealth cui sta lavorando l'India si chiama Aura. Costruito dai laboratori di ingegneria aeronautica militare di Bangalore, il velivolo è stato testato con successo alla fine del 2011 e ora è in fase di sviluppo. Ma anche sui più piccoli e meno evoluti droni tradizionali si è scatenata una corsa che vede impegnati soprattutto Paesi che sanno di essere nel mirino di Washington ma che non sono così ricchi da potersi permettere i superdroni. E' il caso dell'Iran, con il suo drone Karrar, o del Venezuela, che ha recentemente presentato l'Arpia-001, costruito grazie all'assistenza degli ingegneri iraniani.
Pure la Cina starebbe lavorando a prototipi di questo genere, anche grazie – almeno così sospettano al Pentagono – alla tecnologia Usa acquisita studiando il rottame dell'Rq-170 Sentinel americano abbattuto in Iran alla fine 2011, e che gli ayatollah avrebbero gentilmente prestato agli ingegneri militari di Pechino. Il super-drone cui Pechino sta lavorando in gran segreto si chiamerebbe Feng Ren.
E se si muove il dragone, la tigre non sta a guardare. Il drone cacciabombardiere stealth cui sta lavorando l'India si chiama Aura. Costruito dai laboratori di ingegneria aeronautica militare di Bangalore, il velivolo è stato testato con successo alla fine del 2011 e ora è in fase di sviluppo. Ma anche sui più piccoli e meno evoluti droni tradizionali si è scatenata una corsa che vede impegnati soprattutto Paesi che sanno di essere nel mirino di Washington ma che non sono così ricchi da potersi permettere i superdroni. E' il caso dell'Iran, con il suo drone Karrar, o del Venezuela, che ha recentemente presentato l'Arpia-001, costruito grazie all'assistenza degli ingegneri iraniani.
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